Ex capo delle spie del Gambia condannato a morte per l’omicidio di un attivista politico

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Ex capo delle spie del Gambia condannato a morte per l'omicidio di un attivista politico
Ex capo delle spie del Gambia condannato a morte per l'omicidio di un attivista politico

Africa-Press – Gambia. Questo post è stato pubblicato sul The Alkamba Times [en, come tutti i link successivi] il 14 luglio 2022. Questa versione modificata viene ora ripubblicata su Global Voices grazie ad un accordo di partenariato.

Il 13 luglio, un’udienza a Banjul, capitale del Gambia, ha decretato colpevole Yankuba Badjie, ex direttore generale di Servizi Segreti Nazionali (NIA) [en], condannandolo a morte per omicidio. Badjie e altri cinque — Sheik Omar Jeng, Baboucarr Sallah, Tamba Masireh e Lamin Darboe — sono stati ritenuti colpevoli dell’omicidio di Ebrima Solo Sandeng, avvenuto a Banjul sette anni prima. Badjie è stato il capo dell’agenzia di spionaggio a partire da dicembre 2013 fino al 2016, sotto la dittatura dell’ormai ex Presidente Yahya Jammeh.

Il 14 aprile del 2015, Sandeng, che era a capo del Partito dell’Unione Democratica (UDP), organizzazione politica giovanile di opposizione, ha condotto una marcia pacifica per invocare delle riforme politiche. Durante la manifestazione Sandeng è stato arrestato, assieme ad altri sei membri del suo partito. Nelle ore successive, i ragazzi, attivisti del Partito dell’Unione Democratica, sono stati torturati presso il quarter generale dei Servizi Segreti Nazionali. Sandeng è morto mentre era ancora in custodia, dopo quello che il pubblico ministero ha descritto come un trattamento violento e disumano da parte sia degli agenti dei Servizi Segreti che dei membri di un noto squadrone della morte, i così detti Jungler. Stando ad Al Jazeera, la morte di Sandeng ha scatenato “un’ondata d’ira” nel più piccolo Paese dell’Africa.

Gli accusati sono stati ritenuti colpevoli di 25 capi d’imputazione da parte del pubblico ministero, accuse che, tra le altre cose, includono cospirazione, omicidio, aggressione, gravi lesioni personali, occultamento, falsa testimonianza e disobbedienza agli ordini regolamentari.Il Giudice della Corte Suprema, Justice Kumba Sillah Camara, citando la sezione 188 del codice penale del Paese, afferma che l’accusa ha soddisfatto “l’onere della prova oltre ogni ragionevole dubbio”. Secondo il Giudice, il verdetto è stato raggiunto grazie a materiale e prove corroboranti presentate in tribunale, che dimostravano come gli accusati hanno cospirato e torturato Sandeng fino a portarlo alla morte.

Il Giudice Justice Camara ha inoltre affermato, davanti ad un’aula gremita che gli accusati hanno falsificato un certificato di morte che indicasse che Sandeng era morto a causa di uno “shock e di un’insufficienza respiratoria”. Queste inequivocabili prove fornite sono state fondamentali per stabilire la colpevolezza degli accusati nell’occultamento di omicidio. Il Giudice ha poi rivelato che le prove mostrano come i Jungler fossero responsabili dei trattamenti inumani inflitti sulla vittima. Justice Camara ha infatti stabilito che Sheikh Omar Jeng e Yankuba Badjie sono stati i principali architetti di questa eccessiva tortura, che ha portato sia temporanei che permanenti danni alle vittime che sono sopravvissute alla tortura.

Il capo dell’intelligence, Badjie, ed i quattro ex agenti dei Servizi Segreti Nazionali sono stati tutti egualmente condannati a dai 5 ai 10 anni di carcere per le varie accuse, da scontare contemporaneamente in prigione. Il dottor Lamin Lang Sanyang è stato condannato a 10 anni per falsa testimonianza. Durante la durata del processo per omicidio, che ha avuto inizio nel marzo 2017, un altro accusato, l’ex deputato direttore generale dei Servizi Segreti, nonché capo dell’operazione, Leese Gomez, è venuto a mancare, mentre un altro accusato è stato ritirato dal processo. Un’ulteriore imputata, Haruna Suso, è stata assolta dal giudice che presenziava e sono cadute così tutte le accuse a suo carico.Al verdetto ha assistito una larga fetta di persone, tra cui la famiglia del defunto Sandeng. Muhammed Sandeng, che ha condotto la difesa per assicurarsi che l’assassino del padre ottenesse la giusta punizione, ha detto all’Alkamba Times:

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